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sabato 27 febbraio 2016

Giù dalla collina...perchè in discesa ci si diverte di più! Come nasce il downhill

Siamo a metà degli anni ’70, Jimmy Carter viene eletto presidente Usa e nelle discoteche di tutto il mondo imperversa “la febbre del sabato sera”.
In California, un gruppo di giovani, si lancia a tutta velocità lungo le pendici del monte Tamalpais, con delle vecchie bici da postino.



Si tratta di pesanti bici in acciaio, a un’unica velocità e con freno al mozzo, usate in larga misura dalle poste statunitensi negli anni trenta e quaranta. Mezzi robusti e con pochi fronzoli!

Ovviamente dove ci sono un gruppo di ragazzi con delle bici non può che esserci una scommessa, vince chi arriva giù per primo. Il percorso è un sentiero scosceso e molto stretto, pieno di buche, alberi e rocce. Per rendere il tutto ancora più divertente bisogna usare il meno possibile il freno. Nasce la prima gara ufficiale di mtb, il Repack Downhill. Più la gara si fa agguerrita e più la bici da postino lascia spazio a nuove idee per migliorare la performance. Il primo cambiamento riguarda le ruote, due copertoni da motocicletta tassellati sostituiscono quelli lisci di serie. In seguito vengono saldati due tubi trasversali al telaio per una maggiore stabilità e per completare l’opera un bel manubrio da chopper e un cambio rubato alle bici da strada. Abbandonate le bici da postino, i jeans stracciati e le camicie di flanella, il downhill diventa a tutti gli effetti una disciplina della mtb, praticata oggi in tutto il mondo. Il Downhill insieme al free ride e al dirt jumping fa parte di quelle discipline del mtb denominate “gravity”.

Per praticare Downhill Servono i dislivelli, servono gli impianti di risalita e servono delle piste dedicate a questo utilizzo. Ovvero servono le montagne e in particolare quelle attrezzate per gli sport invernali e con l’interesse e la passione a lavorare anche durante il periodo estivo. L’Italia, da questo punto di vista, ha ancora molto da imparare da nazioni come la Francia, la Svizzera o l’Austria.

Ovviamente serve una bici, telaio in alluminio full-suspended, forcelle a doppia piastra con ammortizzazione ad aria e travel da 200-220mm, shock posteriore a molla, ruote a sezione generosa (ma meno mastodontiche di quelle da freeride) e trasmissione monocorona, poiché sono pressoché impossibili da pedalare se non in discesa. La mise da DH è composta da: pantalone leggero e non aderente, molto spesso lungo fino alle caviglie, scarpe per pedali Flat, maglia tecnica ampia e a maniche lunghe, casco integrale con mascherina e un set di protezioni completo. Il tutto insaporito con un pizzico d’incoscienza!

A questo link trovate tutti i DH park d’italia:

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